CHI SI MUOVE E CHI STA FERMO

Zoo: Rafa Zubiria

In un testo di saggezza cinese comunemente ritenuto la Bibbia del Taoismo, il Tao-te-ching, si descrive alla fine la felicità di un paese ideale: dove tra l’altro non si usano strumenti da lavoro, non si adoperano mezzi di trasporto, dove gli uomini non emigrano e, sebbene esistano villaggi vicini in modo tale che si odono cantare i galli e abbaiare i cani i loro abitanti non si frequentano mai. Si tratta probabilmente di una contrada mai esistita almeno in tempi storici ed almeno in Occidente. Se Ulisse non avesse sentito le voci dei Ciclopi e ibelati delle capre prevenire dalla terra di fronte alla spiaggia dove era approdato insieme ai suoi compagni, lo spazio non sarebbe mai stato inventato, come vedremo. Proprio la terra dei Ciclopi anzi, non arata nè seminata, e abitata da giganti che vivono sul mare ma non conoscono le navi, somiglia molto al paese descritto dal maestro taoista. Lo scontro tra Ulisse e Polifemo è lo scontro tra chi conosce le leggi e eassemblee, dunque agisce in termini politici, che presuppongono cioè l’esistenza della città, e chi invece non conosce nulla di tutto questo. Ma prima ancora è lo scontro tra chi si muove e chi sta fermo: l’opposizione originaria, il cui esito favorevole alla mobilità, ha fatto di quest’ultima la condizione fondamentale per tutto quello che chiameremo cultura. Se si abitasse non il ondo, ma solo un linguaggio, allora sarebbe possibile vivere stando fermi. Ma se si abita il mondo è molto più difficile. Lo stesso concetto di ecumene, presuppone in qualche modo il movimento cioè l’estensione della conoscenza e di conseguenza della porzione abitata, sebbene gli antichi avessero una concezione alquanto rigida e minuscola, vista con gli occhi di oggi, dell’abitabile: secondo Eratostene l’ecumene si stendeva per circa 9000 km in lunghezza dall’Iberia, cioè dall’estremità atlantica dell’Europa, all’India, e per 6000 km inlarghezza dalla latitudine dell Isole Britanniche fino a Taprobane,, cioè l’isola di Ceylon. Al di fuori di questa zona considerata temperata si riteneva, la Terra non avrebbe offerto possibilità di vita per l’uomo, o per l’eccesso di calore o per l’eccesso di freddo. I geografi del secolo scorso intendevano per ecumene il complesso delle terre nelle quali l’uomo abita in permanenza e si riproduce. Secondo tale definizione ai giorni nostri resterebbe escluso dall’ ecumene circa un sesto della superficie del globo, tutta l’area che si trova a sud della linea di raccordo tra le punte inferiori dei continenti dell’emisfero meridionale (…). Si tratta dell’ultimo episodio di quello che tra Otto  e Novecento è stata celebrata come la conquista della Terra, culminata, alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, appunto con il raggiungimento dei Poli: l’americano Robert Peary fu il primo, nel 1909, a sostenere di aver raggiunto il Polo Nord; il norvegese Roald Amundsen nel 1911 e il britannico Robert Scott nel 1912 furono i primi a raggiungere il Polo Sud. Non si tratta certo, nel caso dell’esplorazione, di immediate reazioni a stimoli ambientali come la geografia del comportamento pretenderebbe, ma connesse a una complessa trama di molteplici e sfumate forme di mediazione economica, politica, sociale, culturale. E lo stesso vale, sia pure in varia misura, per tutte le altre forme di mobilità geografica. Allo stesso tempo, ogni forma di migrazione è un trasferimento che si svolge da un luogo all’altro sulla superficie del globo secondo un ordine. Alla meta del Novecento è stato Carl Schimitt a rammentarci che  il termine “nomande”, che designa chi per costume abita il mondo muovendosi, discende direttamente dal greco nomos, cioè legge: un ordine iscritto in qualche modo nella Terra stessa.

Franco Farinelli, Geografia, Einaudi, 2003

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5 risposte a CHI SI MUOVE E CHI STA FERMO

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